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Il dopo Sanremo del maestro Mancarella: “Dell’esperienza all’Ariston non cambierei una virgola”

Francesco Mancarella fa un bilancio della sua prima partecipazione al Festival e racconta il suo modo di stare sul palco: “Mi concentro ‘cantando’ gli strumenti”.

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A dieci giorni dalla fine del Festival non si attenua l’eco di tutto ciò che è successo nella folle settimana sanremese. Le polemiche ancora si autoalimentano, il toto presentatore 2025 sfiora l’azzardo, la riforma del modo di votare è ancora all’ordine del giorno. Per fortuna, anche la musica continua a essere protagonista. E mentre in radio spopolano le ballabilissime canzoni che hanno gareggiato nella 74esima edizione, uno sguardo più approfondito e reale spetta a chi non si è piazzato sul podio ma ha comunque realizzato un sogno: “Quando sul palco si porta qualcosa che ha a che fare con la verità è difficile sbagliare” dice Francesco Mancarella a mente fresca, lontano dai clamori e dal rumore del Festival.


Direttore d’orchestra, pianista e compositore di Lecce, classe 1990, Francesco è figlio d’arte, nato e cresciuto con la delicata musica del padre, il musicista Nicola Mancarella, che lo ha spronato allo studio del pianoforte. Si è diplomato al conservatorio “Tito Schipa” di Lecce in pianoforte jazz con il massimo dei voti e in tecnologie dell’industria audiovisiva con master universitario in composizione per musica da film. Ha all’attivo diverse pubblicazioni discografiche come autore, compositore, arrangiatore, direttore musicale e produttore artistico e collabora con orchestre come Bulgarian National Symphony Orchestra (Sofia) e Southern Est Europe Orchestra. A Sanremo ha diretto Alessandra Amoroso, prima piazzata tra i salentini in gara: “Alessandra aveva un brano che racconta di lei, di un percorso fatto e portato a termine tra mille difficoltà. La sua ballad, forte e autentica, è un obiettivo raggiunto, in un festival carico di energia e positività e di tante cose belle. Sono davvero molto contento”.

Arrivare tra i primi dieci, per due esordienti come loro, è stata la classica ciliegina sulla torta: “Una grande soddisfazione, è vero, ma quello che spinge a fare meglio per me è il consenso del pubblico. Sono gli applausi, le manifestazioni d’affetto a dare un senso alla gara; diventano stimolo a continuare ostinatamente a fare questo mestiere. Sul palco si percepiva: iniziava la canzone e tra la prima strofa e il ritornello la spinta del pubblico era tangibile. Una carica indispensabile per la buona riuscita dell’esibizione”.


Una carica che ha anche attutito il batticuore della “prima volta”: “Come tutte le prime esperienze, non si sa mai bene cosa aspettarsi. Dovesse essercene una seconda potrei pensare a cosa non è andato per il verso giusto, a cosa rifarei in maniera diversa. Ma era il mio esordio, il nostro esordio, e allora salvo tutto. Ho lavorato in un clima naturale, affiancato da persone per bene, grandi professionisti che mi hanno fatto sentire a casa e a mio agio e mi hanno permesso di dare il massimo”.



A gennaio è uscito l’Ep “Nord” di Francesco Mancarella: quattro inediti per piano solo che, già al primo ascolto, spingono a chiedersi come può una musica così introspettiva conciliarsi col “rumore” sanremese: “La concentrazione è tutto per me. Sono docente di pianoforte e spesso ai miei allievi, soprattutto a quelli abituati a suonare in cameretta e non far ascoltare a nessuno le loro creazioni, faccio una lezione nel rumore. Apriamo le finestre e facciamo uscire quello che stiamo suonando ed entrare il caos che c’è fuori, e in questo modo impariamo a non farci distrarre da quello che abbiamo intorno. Durante un’esibizione può succedere di tutto: applausi, vocìo, un cellulare che squilla, e il concerto non si può fermare. Applico la stessa strategia nella mia carriera professionale: concentrarsi su un focus, e seguirlo. A Sanremo ci sono riuscito “cantando” gli strumenti. La musica partiva e mentre Alessandra intonava il testo io cantavo ad alta voce le parti strumentali. È una cosa che mi aiuta molto: a seguire lo spartito, a darmi la linea”.


Ora tornerà alla sua vita “normale”, portando in giro per il mondo “Il pianoforte che dipinge”, un progetto audiovisivo particolare che unisce la composizione musicale alla sua traslazione sulla tela: “Mi dà la possibilità di esprimermi a 360 gradi. Io non ho il dono della parola durante i miei concerti, e allora ho pensato di usare le immagini per far entrare l’ascoltatore nella mia musica”.

I tasti del pianoforte imprimono colori su una tela che gira all’interno dello strumento. E alla fine dell’esibizione la musica ha creato un quadro, un’opera d’arte.

Questa è la musica visiva di Francesco Mancarella.

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