quiSalento in edicola e on-line

Ballarock: 15 anni tra headbanging e consolle

Filippo Verardo, una delle anime del duo Ballarock, racconta in un'intervista, tra passato e presente, un traguardo importante e le mille sfaccettature del rock

Ballarock2
Tempo di lettura: 4 minuti
“Torniamo sul palco per farvi ballare, la voglia di vivere vinca la paura!” Si riaffacciavano così sulle scene, Filippo Verardo e Gabriele Totaro, qualche mese fa, dopo uno stop lungo due anni, vissuto tra momenti di scoramento e iniezioni di positività. Perché c’è poco da fare, quando si tratta del dj e vj set di Ballarock (seguiti dalla Gate19, Ambra Delle Grottaglie e Davide Apollonio), di gente ce n’è sempre tanta, le piste si riempiono e si fa caciara, di quella bella e buona, dedicata a tutti quelli cui scorre il rock nelle vene.
Anche perché si tratta di un duo che ha diviso, negli anni, palco e camerino con artisti senza tempo come Lou Reed, Skunk Anansie, Placebo, Chemical Brothers, Prodigy, accanto a band culto italiane come Marlene Kuntz e Afterhours. In occasione di quindici anni vissuti in consolle, tra Beatles e Rolling Stones, Clash e Ramones, Metallica agli Slipknot, fatto due chiacchiere con Filippo. 

Quindici anni di selezioni, nel sacro nome del rock, non sono certo pochi. Ma perché il nome “Ballarock”? Prima non si ballava il rock? E da quando si balla?
L’idea è venuta nel modo più semplice possibile. Volevamo comunicare una serata dove si ballava la musica rock. Punto. Un nome indicativo e identificativo, diretto e senza possibilità di fraintendimenti. Nasce così Ballarock.

Come hai visto cambiare il pubblico in quindici anni di serate: chi veniva all’inizio, chi viene ora? Chi sono gli “affezionati”?
È cambiato moltissimo, in realtà. Perché sono cambiate le dinamiche nella vita delle persone che venivano ai nostri esordi. Perché c’è stato un ricambio generazionale. E perché differenza è soprattutto un’altra, fondamentale: il rock prima andava per la maggiore, era molto trasversale. Oggi è meno trasversale. I rockettari si sentono spesso mosche bianche, e spesso ascoltano quella musica soprattutto perché i genitori li hanno fatti crescere con un certo tipo di sound. Oggi si ascolta tutt’altro. E preferisco sorvolare sul “prodotto” Måneskin e su un certo tipo di musica preconfezionata.
Però posso dirti che quando qualcuno, durante le serate, ci dice “mi ricordate la mia infanzia” un po’ di tristezza mi viene (ride, ndr).



Ma ci sarà qualcosa di buono, negli ultimi anni.  Qual è il brano che preferisci del recentissimo passato, che passate di più durante i live?
In linea di massima, quel che si balla di più sono Nirvana, System of a down, Queen of the stone age, The Strokes, ma anche un certo indie rock alla Arctic Monkeys. Se devo però pensare al recentissimo passato, al momento mi vengono in mente solo i Nothing but Thieves.

C’è un libro di Nick Hornby, “Alta fedeltà”, dove si accenna anche al fatto di giudicare una persona dalla musica che ascolta. Partendo da questo, ti faccio tre domande: la prima è che musica ascolti nell'intimità, fra i pezzi che solitamente non metti alle tue serate.
Devo confessare che a casa non ascolto più musica rock, ho smesso. Mi piacciono molto il brit pop, adoro i Portishead, il folk di Jack Johnson, la classica di Chopin ed Erik Satie. Per me è come una sorta di depurazione. Chiariamoci, io adoro rock, il punk e il metal, ho anche suonato, in formazioni del genere. Ma in fondo, non siamo sempre in continua evoluzione? Come persone, ovviamente, e di riflesso anche negli ascolti.




L’altra domanda che “devo” farti è quella dell’isola deserta: puoi portare con te solo cinque album. Quali sono?
Questa per me è facilissima ,anche perché ho in progetto di mettere a casa un juke box dove gireranno solo con i cinque dischi che amo di più: “Nevermind” dei Nirvana, “Siamese Dream” degli Smashing Pumpkins, “Toxicity” dei System of a Down, “Ok computer” dei Radiohead e “Dummy” dei Portishead. Una sorta di “compilation della vita”, come quelle che si facevano una volta per conquistare le ragazze: la reazione ti avrebbe detto se eravate compatibili.

La terza è questa. Apriti, confessa: qual è la tua più grande vergogna, tra le canzoni che ascolti?
Faccio una premessa, ma non per mettere le mani avanti. Mi ha colpito molto la storia del bassista di questo gruppo, che ha avuto un grave problema di salute. I loro inizi e la loro recentissima reunion. Così mi sono ritrovato ad ascoltare la discografia dei Blink-182. Sperando che nessuno mi vedesse.



Cosa state facendo per festeggiare questi 15 anni?
Tre date dicembrine per chiudere l’anno. Giovedì 15 al Cantiere di Lecce, giovedì 22 sempre a Lecce, con la nostra selezione più “soft”, “Lost in sound”, dove spaziamo tra Massive Attack e Pink Floyd, al Caffè Letterario, sempre a Lecce. E poi la grande grande festa di fine anno, sabato 31, al Mercato Nuovo di Taranto.

Per chiudere, hai idea di cosa succederà al rock, e a voi, nei prossimi 15 anni?
Sono convinto che il rock tornerà, forse in altra forma, e forse spariranno gli strumenti analogici. La musica cambia e cambierà, magari ci saranno dei “ritorni di fiamma”. Per quanto ci riguarda, andremo avanti finché sentiremo che la gente è affezionata a noi. Ma di sicuro non faremo come Ronaldo: smetteremo prima che sia troppo tardi.

Articoli correlati

Dallo stesso Autore