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Disillusione e speranza

Elpís. Prometeo o del sogno infranto di Europa: la mostra personale di Costas Varotsos al Museo Castromediano di Lecce

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Dei mancati approdi e delle speranze perdute, dei sogni infranti e dei valori traditi, di tutto quello che l’uomo ha avuto in dono e del quale ha smarrito il senso. È uno sguardo complesso e complessivo quello di Costas Varotsos, che torna nel Salento a dieci anni di distanza da “L’Approdo. Opera all’umanità migrante”, l’intervento sul relitto della motovedetta albanese Katër i Radës che affondò nel marzo 1997 provocando la morte di 81 persone, installata nel porto idruntino.

L’artista greco arriva negli spazi del museo Castromediano e sembra tendere un lungo filo da Otranto a Lecce con “Elpís. Prometeo o del sogno infranto di Europa”, nella quale esprime la propria disillusione nei confronti di un’umanità che non ha saputo custodire il dono del fuoco, simbolo del sapere, “Elpís” che Prometeo rubò a Giove per salvarla. È così che l’ultimo dono custodito nel vaso di Pandora diventa un’altissima lancia rossa puntata verso il cielo di Lecce all’entrata del museo. Da “Europe” invece, attraverso le bandiere di vetro infrante, emerge tutta l’amarezza di Varotsos per il fallimento dell’Unione Europea, sempre più irretita da pericolosi nazionalismi. E poi “Globe”, “Labyrinth”, “Black Venus”, “Blows”, “Dialogue” opere che intessono un fitto dialogo con i “Paesaggi” del museo, in grado di declinarne al contemporaneo i contenuti storici e mitologici attraverso le perpetue dimensioni di vita, morte e sacralità. Fino a “Prometeo”, il dio/eroe dove il vetro, materiale prediletto dallo scultore, esprime al contempo la forza e la fragilità del mito che si concede all’uomo.

È un’arte vigorosa eppure lirica quella di Varotsos, che nella monumentalità degli spazi aperti si fonde con il cielo e la natura attraverso il vetro, li ingloba cancellando il confine tra opera e contesto. L’opera cambia lo spazio in cui è inserita ma è una dinamica reciproca tesa a ritrovare l’Elpís, quella scintilla, quell’ultimo barlume di speranza di un’umanità che “ha perduto il contatto con il mondo reale, vive ormai al passato o al futuro e ha smarrito il senso del tempo presente”. La mostra, a cura di Giusi Giaracuni e Luigi De Luca, raccoglie opere provenienti dalla collezione dell’artista, concepite negli anni Ottanta, alle quali si aggiungono due installazioni pensate per gli spazi del museo.

Fino al 12 gennaio 2025. Ingresso libero. Orari: tutti i giorni tranne il lunedì ,dalle 9 alle 22. Info: 0832/373572.

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