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Pochi, ma buoni: i funghi di primavera nel Salento

I funghi crescono un po’ dove e quando gli pare. In autunno soprattutto, ovvio. Ma la primavera nel Salento può riservare qualche sorpresa. Un contributo di Marco Sperti, Responsabile scientifico dell’associazione micologica Bresadola di Tricase.}

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di Marco Sperti (Responsabile scientifico dell’associazione micologica Bresadola di Tricase)

L'autunno è l’autunno, la primavera è la primavera. Questo, nonostante le bizze del clima, è ovvio quanto il fatto che i funghi crescano in autunno, un po’ dappertutto se il tempo lo consente. La primavera, invece, è la stagione dei fiori, delle scampagnate (di questi tempi clandestine o simulate), delle giornate lunghe, qualche volta così fresche da dirsi fredde, molte altre così miti da sembrare estive. Nel Salento, lo sanno anche le pietre, l’ultima parola spetta al sole, al mare e al vento, di rado in armonia tra di loro. Passi per il sole e si ignori pure il mare, ma il vento, più di ogni altro elemento, è il nemico giurato dei miceti, dei funghi. E la primavera salentina ventosa lo è di certo.





L’umidità e il silenzio autunnali, quel palpitante odore di bruma e selvatico, sono svaniti del tutto ed è già nostalgia. Almeno per chi va alla ricerca dei funghi, “buoni da mangiare, buoni da seccare”, aspettare ottobre è dura. Quanto agli altri, quei tizi un po’ strani che i funghi li studiano, il male è decisamente minore: ci sono centinaia di scatti da sistemare, campioni da osservare al microscopio e qualche chilo di letteratura arretrata. Per questi la primavera è una pausa di riflessione, di meticolosi ripassi e di qualche atto di dolore. Non che non vadano a funghi, ben inteso, quando l’aria non è troppo fresca e il vento è occupato su altri fronti. Ma ci vanno a cuor leggero, senza levatacce, finanche senza il bastone e la divisa d’ordinanza.

Quegli altri invece, i fungaioli, impazienti d’andare a scovare, è chiaro, prima ancora che di trifolare, stanno per esaurire le scorte in freezer e, con queste, la pazienza. Ed ecco la primavera, benedetta, che in qualche modo, “citta citta”, accontenta tutti, gli appassionati e gli studiosi. Stagione di sorprese, quando non fa più troppo freddo e prima che il caldo la prosciughi, la primavera regala, in termini di qualità, il meglio del migliore autunno. Il meglio più uno “special guest” decisamente esclusivo: le Morchelle. In ragione della singolare conformazione del “cappello” (detto “mitra” in questo genere di funghi), interamente costituito da cellette concave (alveoli), vengono chiamate “Spugnole”. Bisogna decisamente farsi l’occhio, per un giro in pineta, in lecceta e una sbirciata negli oliveti, là dove la terra è ancora bruciata.

La primavera nel Salento - Ph. Marco Sperti







Generalmente si tende a suddividere le Morchelle in due gruppi convenzionali: quello delle spugnole gialle, dalla mitra giallo-ocracea (gruppo “esculenta”) e quello delle spugnole nere, caratterizzate dalla mitra generalmente più appuntita e di colore grigio-nerastro (gruppo “elata”, suddiviso poi in ragione del peculiare habitat di crescita). Gialle o nere, le spugnole sono funghi strepitosi, tanto per conformazione quanto per qualità organolettiche. Non tutti però hanno preso la “specializzazione” per questo genere di funghi; qualcuno per diffidenza, qualcun altro per pigrizia, altri ancora per paura (ma non lo ammetteranno mai e tenderanno a fare come la volpe con l’uva, raccontando che una volta... una volta le hanno assaggiate, ma... “non gli hanno detto niente”).

Paure fondate, si può certamente dire, ché le Morchelle contengono tossine termolabili e abbisognano sempre di cottura adeguata. Non solo! Il consumo in quantità eccessive di questi funghi può essere causa di intossicazioni neurologiche preoccupanti, sebbene reversibili. Passando al meglio: in primavera crescono anche i porcini e i gallinacci. Quanto ai primi, come è consuetudine quando si parla di un fungo che conserva intatto il titolo di “sovrano dei boschi”, il quando, il dove e il quanti sono parole suadenti di racconti, tal- volta inaffidabili. Ci fu chi raccontò di aver raccolto due porcini a un palmo l’uno dall’altro, pesanti ciascuno quanto una zucca di ragguardevoli dimensioni, del genere “aestivalis” (porcino “estivo”) il primo, e “aereus” il secondo (porcino “nero”). Chissà, tutto può essere, chi va a funghi lo sa.




Non mancano i leccini, parenti stretti e “meno impegnativi” dei pregiati boleti, e non manca il cattivo di turno, anzi la cattiva, cattivissima: l’Amanita verna. Bianca, bianchissima, quasi spettrale, fortunatamente poco invitante. Diciamolo pure: la primavera è la primavera e l’autunno è l’autunno. Ma i funghi sono funghi! E una cosa impara, prima di ogni altra forse, chi di funghi si occupa o si interessa: che i funghi crescono un po’ dove e quando gli pare. In autunno soprattutto, ovvio. Ma c’è anche la primavera, tre o quattro giorni dopo una pioggia abbondante. Se per quei tre o quattro giorni il vento si gira un po’ dall’altra parte.










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