Nel ventre della fisarmonica. La “Terranima” di Vince Abbracciante

Vince Abbracciante in una foto di Carlo Maradei

Non bisogna avere solo orecchio, come diceva Jannacci, per ascoltare questo disco. Ma anche cuore e pelle impermeabile, occhi grandi e una voglia irrefrenabile di farsi travolgere con tutte le scarpe in atmosfere festose e malinconiche. Vince Abbracciante, fisarmonicista pugliese, arriva dritto nel petto con “Terranima” (etichetta Dodicilune), un nuovo lavoro in cui si muove vigoroso e gentile insieme alla squadra di musicisti, già collaudata nel precedente “Sincretico”, e a un ospite speciale: tra le tracce spicca, in contrappunto, con la sua cifra inconfondibile, la voce solista del clarinetto di Gabriele Mirabassi. Nel dialogo tra i due, sostenuto dall’ensemble, suoni purissimi, che parlano di tutti i Sud del mondo, dal Salento al Brasile, mescolando i linguaggi, ma mantenendo sempre un centro.

È un disco che si muove in varie direzioni, che osa senza mai strafare, che ondeggia lento ma poi accelera e resta ancorato, pur viaggiando in terre lontanissime, alle sue radici. Come un tronco, quello che troneggia nella copertina, coriaceo, ma rugoso e pieno di venature. Si inizia con un “Saltarello in Dodicilune”, si scivola pian piano, scemando di intensità, verso il Sudamerica (“Choro 5”), passando per il tango e Piazzolla (“Impressioni di Puglia”), e si arriva ad alcuni dei momenti più alti con “Requiem per un ulivo” e “Serenata del canto e dell’Incanto”, traccia struggente che chiude. Chiude sciogliendo definitivamente quel petto, quelle orecchie e quegli occhi prestati all’inizio, in maniera totalmente inconsapevole. Noi vi abbiamo avvisati.

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