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La world dei Nidi D'Arac, a cavallo del millennio

Nidi-d'Arac
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In un momento storico dove l’elettronica e la contaminazione sembrano essere ai massimi livelli, i Nidi d’Arac decidono di fermarsi un attimo. Anzi, di tornare indietro, fino a “Nanti li 90’s” (Emme records), ossia verso la fine degli anni Novanta, a cavallo del millennio, quando la cultura glocal e sintetica sublimava l’incontro in musica fra tradizioni popolari e sentori metropolitani. Ma questa operazione viene condotta in maniera totalmente acustica, perché la band registra in presa diretta una personalissima antologia di nove brani, estrapolati dai loro vecchi album pubblicati proprio a cavallo del “bug”: “Ronde noe” (1999), “Tarantulae” (2001) e “Jentu” (2003). Il risultato è una raccolta fresca e intensa, dove trip hop, drum and bass, dub, ballate, dialetto salentino, rave etnici e profumi d’Oriente sembrano fare il punto di 25 anni di carriera di una band che, partendo dalla sua “romana” formazione e fondazione, può tranquillamente essere annoverata tra le pioniere della world music italiana. Dalla magica introduzione di “Mmacarie”, all’exploit tribale di “Figli di Annibale” fino agli ultimi lavori parigini (da anni dimora del leader Alessandro Coppola) di “It/Aliens” e “Face B”, 25 anni di musica vengono snocciolati con gli embrionali “N’autra parola”, “Sule de iernu” e “Ei”, dove la poesia è anche simbolo di nostalgico distacco; con il laboratorio tecnologico di “Danza e onore” e una “Osce” arricchita dalla voce di Alessia Tondo. E ancora con “Se tuerni”, “Jentu”, “Camina ciucciu” e “Mara la vita”, brani sempre in bilico tra le grandi dicotomie di allegria e malinconia, di passato e presente, di dolcezza e amarezza, di chiusura e apertura. Una cosa, però, è univoca, e viene ricucita, strofa dopo strofa, in tutto il lavoro: il voler recuperare una certa “artigianalità” nel fare musica. Un desiderio di abbattere le distanze, e non tanto virtualmente ma proprio fisicamente. Un desiderio di vicinanza, prossimità e “analogicità” perdute. Un voler suonare spalla a spalla, tutti insieme, trovando il giusto equilibrio, sulla stessa ragnatela.

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