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Free Patrick! Da Bologna a Lecce lo urlano anche i muri

Da lunedì 8 i manifesti vincitori del contest “Free Patrick Zaki, prisoner of conscience”, ideato da Amnesty International Italia e il festival Conversazioni sul futuro verranno affissi per le strade delle città aderenti all'iniziativa}

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“Free Patrick Zaki” è il messaggio per chiedere la liberazione dello studente egiziano in carcere nel suo Paese per aver espresso le proprie opinioni politiche sui social e per il suo impegno per i diritti umani. Un messaggio tradotto in pochi tratti, asciutti e decisi, su sfondi dai colori accesi, come gli animi di chi si batte per un mondo più giusto.



È il linguaggio diretto e sintetico, ma non meno incisivo ed efficace, della grafica condensato nei 10 manifesti vincitori del contestFree Patrick Zaki, prisoner of conscience”,  del concorso internazionale di comunicazione sociale "Poster For Tomorrow", ideata da Amnesty International Italia, dal festival salentino Conversazioni sul futuro dell'associazione Diffondiamo idee di valore in collaborazione con il Festival dei Diritti Umani di Milano e l'Associazione Articolo 21, con il patrocinio dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sono stati oltre 900 i poster candidati al concorso, arrivati da quasi 50 Paesi in tutto il mondo: da Iran, Portogallo, Italia, Ecuador, Messico e Bulgaria i migliori, scelti dalla giuria internazionale.



Zaki, studente dell’Università di Bologna, arrestato un anno fa in Egitto con l’accusa di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo, rischia fino a 25 anni di carcere. Prova della sua colpevolezza sarebbero dei post pubblicati su Facebook, dieci per l’esattezza, quanti sono i manifesti vincitori, che si uniscono all’appello, da tutto il mondo, per la sua immediata scarcerazione.



Così le lettere del suo nome diventano sbarre e lucchetti, i suoi occhiali “manette che non chiudono” perché la richiesta è proprio questa: liberatelo. Nel manifesto firmato da Moises Romero (Messico) Patrick è dietro un muro, quello della sua cella, che chiede aiuto solo con gli occhi, increduli, perché inspiegabile è la sua detenzione.

Mattia Pedrazzoli (Italia) rappresenta un writer all’opera davanti a un muro, uno spazio pubblico, dal quale emerge quel volto ormai familiare, chiedendone la liberazione, perché la vicenda di Patrick Zaki non è una questione privata bensì una questione di diritti civili. Diritti che, dovrebbero, essere riconosciuti a ogni essere umano. E da un muro sembra riaffiorare il suo viso nell’opera di Andreia Rodrigues (Portogallo). Colori a contrasto dividono l’interno della reclusione dall’esterno della libertà di pensiero, “iconici lucchetti”, una colomba bianca si staglia in un cielo verde, lasciandosi alle spalle stormi neri, la scrittura e le parole si fanno “poesie visuali”.



A un anno esatto dalla convalida del suo arresto, da lunedì 8, i manifesti vincitori saranno affissi sui muri di Bologna, Lecce, Taranto, Brindisi e di altre città che hanno aderito all’iniziativa. L’arte, le immagini, i messaggi si faranno portavoce di questa dolorosa vicenda affinché l’attenzione su questa ingiustizia non si spenga. “Dedichiamo questa iniziativa a tutte le persone prigioniere di coscienza rapite, torturate, sparite, recluse ingiustamente”, dicono gli organizzatori, “e a tutte le giovani e i giovani che girano il mondo per studiare, ricercare, condividere, costruire una società migliore”.

In quel carcere avrebbe potuto esserci un nostro fratello, amico, chiunque di noi, cittadini pensanti e liberi di poterci esprimere senza neanche renderci conto del fatto che, questo, non è possibile ovunque. Che la libertà di poterlo fare, ad altre latitudini, non è affatto scontata. Quei muri, usati per dividere, reprimere coscienze e imporre il silenzio, diventano così un grido di libertà e giustizia.

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