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Sulle tracce della taranta
A Galatina, la festa dei santi patroni Pietro e Paolo in forma ridotta ma non meno intensa e significativa, sulle tracce della taranta.
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Giungevano da tutta la regione, con i carretti o a piedi, all’alba del 29 giugno, per chiedere la grazia a “Santu Paulu de le tarante”, per tornare a una vita normale, per non destare più scalpore nel paese, nella speranza di esorcizzare il male oscuro. E davanti al sagrato della cattedrale, o all’interno della cappella, si radunava anche un nugolo di curiosi, affascinati e intimoriti, davanti alle contorsioni grottesche di donne, ma anche uomini, pizzicati dalla tarantola, o da “lu scursune”, che avevano perso la retta via.
Oggi delle “tarantate”, resta il mito, la fascinazione, la sensazione di avvicinarsi a qualcosa che non è ancora stato decifrato e resta custodito, come un seme prezioso, nel patrimonio della cultura orale e immateriale, nella voce sommessa di chi le “tarantate” sostiene di averle viste di persona, di ricordarne le grida e lo sguardo perso nel vuoto. In una Galatina che per, quest’anno, osserva un omaggio più discreto al suo patrono, è possibile visitare la cappella, in punta di piedi, sbirciare il cortile dove si custodisce ancora il pozzo di San Paolo e la sua acqua miracolosa e curiosare tra i vicoli barocchi della città.
Per i giorni della festa, la chiesa dei santi Pietro e Paolo sarà illuminata a festa e ogni balcone addobbato con le caratteristiche "zagareddhe", i tradizionali nastrini colorati, e un lume rosso dinanzi alla finestra.