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Parco Isola di Sant'Andrea - Punta Pizzo: nel regno del gabbiano corso

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Nell'oasi del gabbiano corso, si cammina in punta di piedi tra antiche querce, dune monumentali e praterie vergini. Dal greco "kalè polis", la "città bella" di Gallipoli rivela il patrimonio paesaggistico e culturale che impreziosisce gli scorci più caratteristici del Salento.





Istituito con legge regionale n. 20 del 10 luglio 2006, il parco "Isola di Sant'Andrea - Litorale di Punta Pizzo" si estende lungo la costa ionica sud fino a Punta Pizzo e comprende l'isola prospiciente la cittadina di Gallipoli. A lottare fin dal 1989 per la tutela dell'ambiente contro la speculazione urbanistica dei villaggi turistici è Maurizio Manna, presidente del circolo Legambiente di Gallipoli e direttore regionale di Legambiente. Con l'orgoglio di chi ha concretamente contribuito a strappare uno dei tratti più incantevoli della costa salentina all'avidità nichilista dell'uomo, Maurizio racconta il suo parco, un po' come se stesse tra le familiari mura domestiche.





Nel cuore del Mediterraneo, un ecomosaico si fa scrigno di una straordinaria biodiversità da tutelare e valorizzare. Maurizio paragona il parco di Punta Pizzo ad un "patchwork" estremamente complesso che va dalle aree umide a nord dove scorre il canale dei Samari alle zone aride a sud invase da macchia mediterranea e gariga, dalle colossali dune stabilizzate dalle radici dei pini al litorale lambito dallo Ionio, fino alle praterie e alle steppe salate di salicornia che invadono l'isoletta di Sant'Andrea. "L'indice di biodiversità raggiunge oltre 900 specie per chilometro quadrato", afferma con il piglio tipico dell'esperto, un dato ancora più sorprendente quando si scopre che l'intero territorio della Gran Bretagna è culla per non più di 1.200-1.300 specie. Nel parco di Punta Pizzo si intersecano le rotte migratorie degli uccelli provenienti dal Nord Africa, dall'Europa centrale e dai Balcani. E' nel loro volo che si annida il segreto della biodiversità floristica.





Il viaggio nel parco gallipolino inizia con il gorgoglio del canale dei Samari, penetra nelle aree buscate, sbocca tra le dune che cingono il litorale, risale tra le praterie di Masseria Nuova e infine approda sull'isola di Sant'Andrea.






  • L'AREA UMIDA - Antico corso d'acqua naturale oggi relitto quasi completamente cementato, il canale dei Samari scorre pacatamente lungo l'area "Li Foggi", dove la natura palustre diventa lo scenografico fondale per le coreografie in volo delle libellule. Colti di sorpresa, due aironi cenerini sospendono le loro danze e il candido piumaggio si dissolve tra i ciuffetti color ocra delle cannucce di palude. "In passato il canale impaludava l'intera zona", spiega Maurizio, "a tal punto che Federico II concesse alla città di Gallipoli la possibilità di raccogliere i giunchi e lavorare le fibre tessili". Mentre l'epopea dello "stupor mundi" si dissolve nello sciabordio dell'acqua, dal fosso dei Samari si distingue la sagoma della chiesetta rurale consacrata a San Pietro.





Dall'ingabbiatura in ferro eretta per impedirne il crollo, nulla trapela della splendida architettura normanna, della navata unica e delle cupole in asse che evocano antiche leggende. Fondata dal primo papa o da Ugo Lusignano di ritorno dalla seconda crociata, la chiesa di San Pietro dei Samari lascia il posto ad un sito cultuale di età neolitica, nell'ansa del canale a monte della strada statale 274 Gallipoli-Leuca dove resti di fornaci, tracce di viabilità e buche di pali intessono la storia di un remoto villaggio.





Indaffarati nell'arte della potatura, i contadini scalano i tralci contorti degli ulivi mentre imboccando "contrada Macchiaforte" ci si incammina verso il tratto più suggestivo del canale. Dal suo piccolo casale, Antonio Franco, giovane biologo marino di Legambiente, racconta delle gallinelle d'acqua che sguazzano lungo il canale e di un falco di palude che da alcuni giorni se ne sta appollaiato su di un traliccio. Sul versante del Samari che ancora custodisce schegge di un'autentica bellezza, il muschio si abbarbica sul ponticello mentre l'acqua si riappropria dei suoi spazi sgorgando rigogliosamente da un alveo scavato nel cemento. Le slanciate "canne arundo donax" svettano lungo gli argini e, quando il sole trapela dalle nubi, si colorano di pagliuzze d'oro.





Come promesso da Antonio, spicca in lontananza il falco solitario sospeso su un filo, forse in attesa di scovare una preda o semplicemente in posa per nutrire le emozioni degli ambientalisti. Inoltrandosi nel verde, Maurizio mostra entusiasta il bosco ripariale in cui proliferano querce virgiliane e nuclei di lecceta, mentre le radici secolari si insinuano nella roccia. Sulla via del ritorno, alcune cartucce emergono dal tappeto di ghiande infrangendo il confine tra l'area protetta e la vicina riserva di caccia.






  • LE AREE BOSCATE - A pochi passi dal vivaio forestale si estende il bosco dei Foggi dove i tronchi dei pini popolano atmosfere da fiaba fino a perdersi nell'orizzonte. I giovani lecci assiepati ai loro piedi riceveranno in eredità la terra dei pini. Forgiato dalla natura per fare da sfondo a racconti di folletti e spiritelli, il terreno roccioso del bosco si sfalda per ospitare le antiche cave di carparo, rifugio per ricci, tassi e donnole. "Ancor prima di essere un paese di pescatori e naviganti", racconta Maurizio, "Gallipoli è stato un paese di cavamonti. Le cave di Gallipoli hanno fornito materiale per i templi di Metaponto e per le fortificazioni militari anche al di fuori della Terra d'Otranto".





Mentre una combriccola di merli biricchini si azzuffa nella macchia, la zona dei Foggi apre le porte ad un'area attrezzata, preziosa risorsa per la fruizione ecosostenibile del parco. Perimetrata con staccionate e corredata di panchine e tavoli in legno, l'area pic-nic ha arginato i danni del traffico veicolare, dei falò e del turismo aggressivo. Come una distesa di fiori, le pigne ricoprono il terreno e, mentre lo sguardo vola su, in cerca di sprazzi d'azzurro, una passerella conduce fin sul litorale dorato.






  • LA FASCIA COSTIERA - Tra grandiose onde di sabbia, i pini naufragano in balia di un mare castano. Spettacolare e imponente è il sistema dunale stabilizzato dalla pineta, il più ampio dell'arco ionico dove ci si può perdere in un labirinto arginato da montagnole di sabbia. Dalla cima di una duna, a 25 metri sopra il livello del mare, si intravede la distesa di blu cobalto. Mentre si china per accudire un cespuglio ormai secco, Maurizio racconta che le dune custodiscono tesori inauditi, resti di sepolture bizantine, tesoretti arabi e monete cinesi in gran parte saccheggiati dai tombaroli. Dalla sommità delle dune ci si affaccia sul regno delle orchidee e del rospo smeraldino, la parte vergine della palude non bonificata che periodicamente si allaga in modo naturale. Protette da staccionate in legno con anima in ferro che impediscono l'accesso alle auto, le dune sono state al centro di vere e proprie rivolte da parte di chi era abituato a scorrazzarvi indisturbato. Ma alla fine hanno prevalso le ragioni del parco e della tutela della natura.





In riva al mare, nella zona più a sud di punta Pizzo, il vento soffia gelido accarezzando i fiori lilla del rosmarino e il verde bruno della gariga, mentre capriole di nubi e cirri color cenere si specchiano nella distesa marina.






  • LA PRATERIA - Nel punto più elevato del parco, a circa 70 metri sul livello del mare, Masseria Nuova domina sulle sfumature smeraldine della prateria, habitat di interesse prioritario. Un vasto panorama raccoglie in un solo colpo d'occhio l'intera area protetta che si dispiega come in una mappa geografica. A sinistra si distingue un piccolo puntino bianco, è la Torre di Punta Pizzo, voluta da Carlo V e anticamente chiamata "di cutreri", dal greco "akroterion", promontorio. Poco distante, una lingua di terra si allunga sul mare fungendo da "anfiporto" naturale che permette un doppio attracco per le imbarcazioni sospinte dal vento di scirocco o di tramontana.





Con il dito puntato verso l'orizzonte, Maurizio mostra i resti delle vasche in cui veniva lavorata la porpora, i tumuli con dromos e il pozzello di Sant'Agata dove, secondo la devozione popolare, fu rinvenuto il seno della martire portato trionfalmente in cattedrale dove soppiantò il culto di San Giovanni Crisostomo.





"Ultima propaggine delle serre salentine in prossimità della costa, la prateria è una preziosa risorsa per i rapaci che sfruttano le correnti ascensionali per levarsi in volo e scorgere più facilmente le prede", spiega ancora Maurizio. Basta alzare lo sguardo e il suo racconto si colora di immagini, due aquile incrociano le loro parabole tra le pennellate di luce che acquerellano il cielo. "Sono l'unica coppia di cui abbiamo notizia in Puglia, provengono dai Balcani e sono stanziali in questa zona da qualche anno", chiarisce mentre i pensieri ormai si posano sulla città di Gallipoli protesa verso l'isola di Sant'Andrea.






  • L'ISOLA DI SANT'ANDREA - "E' un mondo a parte", afferma Maurizio scrutando l'isolotto a largo della costa di Gallipoli. Habitat di valenza eccezionale, l'isola consacrata all'apostolo fratello di San Pietro accoglie una nutrita colonia del raro gabbiano corso. Da oltre 15 anni, 180 coppie nidificanti sorvolano la laguna salmastra e le steppe salate di salicornia dell'isola di Sant'Andrea in concorrenza con il gabbiano reale, il gabbiano corallino e i fenicotteri. Cullata da una silente quiete che da metà febbraio a metà luglio preserva il canto del gabbiano corso e l'infrangersi delle onde sulla scogliera, l'isola svela i suoi sentieri dal faro alla casina della finanza solo a piccoli gruppi, rigorosamente fuori dal periodo di nidificazione.





Tra masserie, agricoltura biologica e rarità, i percorsi escursionistici penetrano l'anima del parco entrando nel vivo della natura con le piacevoli emozioni sensoriali suscitate dal percorso trekking o l'avvincente tragitto in bici che cavalca le ondulazioni delle dune per poi andare alla scoperta dei beni storico-artistici, tra musei e chiesette, nei paesini limitrofi.





"Un parco è fatto di natura, di animali ma anche di uomini", racconta Maurizio tra storie di marinai, leggende di terre lontane e fedi diverse. Contro il turismo rapace, il parco di Punta Pizzo accoglie campi estivi di volontariato in cui i ragazzi tra i 14 e i 17 anni, provenienti da tutta Italia, sorvegliano la riserva sventando gli incendi, divulgando le norme e raccogliendo le opinioni dei suoi frequentatori. Un'opportunità a portata di mano per coinvolgere anche i ragazzi salentini in un'esperienza unica volta alla tutela della propria terra.





I NUMERI DEL PARCO





26.709 sono i metri del perimetro del parco, istituito con legge regionale n. 20 del 10 luglio 2006.





954 sono gli ettari di estensione dell'area di Punta Pizzo.





48 sono gli ettari di estensione dell'isola di Sant'Andrea che dista circa un miglio dalla città di Gallipoli.





4 sono gli accessi attrezzati: in prossimità del centro informazioni "Le Sirenè", dall'area attrezzata della zona "Li Foggi", presso "Punta della Suina" e dal parcheggio del "Cotriero", ai confini con Mancaversa.





2 sono gli accessi all'isola di Sant'Andrea, l'approdo di levante e quello di scirocco, collegati tra loro da una strada diretta al faro.





5 sono le aree paesaggistiche: aree umide a nord, steppe e praterie nelle zone interne, aree boscate, zone a macchia e gariga a sud e la zona costiera formata dal litorale sabbioso e roccioso.





9 sono gli habitat di interesse comunitario tra cui 5 prioritari.





1.000 circa sono le specie per chilometro quadrato rilevate nell'area del parco.





2 sono le rarissime leguminose arbustive custodite all'interno del parco: l'Anthillis Hermanniaie e l'anagiride.





1 è il canale detto dei Samari che scorre per 7 chilometri nella zona paludosa "Li Foggi".





2 sono i bacini denominati "dei Foggi" e "dei Paduli".





2 sono i percorsi escursionistici che attraversano il parco, uno pedonale e l'altro ciclistico.





68 sono i metri dell'altezza massima del parco sul livello del mare.





2 sono i metri di altezza media sul livello del mare dell'isola di Sant'Andrea.





3 sono gli ettari della laguna salmastra che ricoprono la parte nord occidentale dell'isola di Sant'Andrea, comunicante con il mare attraverso un piccolo canale artificiale.





180 circa sono le coppie di gabbiano corso che, nelle stagioni di maggiore presenza, abitano l'isola di Sant'Andrea.





12 sono i chilometri di estensione delle praterie di Posidonia Oceanica nell'area di Gallipoli.





Info: 349/0581455, Legambiente Gallipoli





(di Antonella Gallone)


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