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È un peccato avere paura

Un romanzo da rileggere, una sorta di Spoon River dei peccatori, orchestrato in punta di penna dallo scrittore Antonio Errico.

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"All’albeggiare della Candelora, nell’anno che il buio sopravvenne allo splendore”. Fuori dall’abbazia di Maria della Pietade la neve scende placida, nella piazza infuria la battaglia e i personaggi che Antonio Errico tratteggia nel suo romanzo, “Peccata”, prendono vita con il fardello delle proprie colpe da confessare.

“In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti” e senza soluzione di continuità si susseguono le storie di dieci uomini e donne, una sorta di “Spoon River” alla De André nella quale dannazione e salvezza, felicità e dolore non possono che coesistere. Nel segreto della confessione si sfiorano le vite di un frate dubbioso del proprio Dio, di un soldato sentinella in una torre a cui hanno detto “Spara”, “A qualsiasi ombra che passa, al fruscio della foglia, alla polvere che s’alza, ad ogni sagoma d’aria, al vento, al buio, alla luce. Spara”.

E poi una donna da cui “gli uomini venivano e andavano” ma l’amore che non avrebbe dovuto provare è per colui che vendeva parole, un uomo dalla voce profumata. Vale l’eternità dell’inferno anche l’amore di uno sconosciuto se un marito violento ha “accecato” per sempre il tuo sorriso. E poi un giocatore di dadi, l’uomo di mare che ha perso il suo equipaggio, chi invece ha perso la bellezza e sottrae gli ori alla Madonna nella breve illusione di ritrovarla.

Ma è peccato avere paura, è peccato illudersi di felicità, è peccato dubitare di Dio, “La lusinga è peccato. Il desiderio. Il languore. L’emozione”. “Punitevi del sogno, se sogno avete fatto”. Con la sua prosa intensa e vivida di immagini, cupa e lugubre, estasiante e ardente, Errico scandaglia la natura umana fino a farci riconoscere in ogni peccatore, spargendo sale su ferite che non si vogliono sanare. In questo immenso affresco sull’umana umanità, la redenzione non è contemplata, la pena è provare, ancora e fortemente, l’esaltazione del peccato e l’espiazione è un incessante rovello di lacerazioni interiori. Non resta che comprendere, consolare e confidare in un Dio che riconosca la vita nella sua celebrazione piuttosto che nella colpa.

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