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Dalla parte giusta, anche con il vento contrario. Peppino Impastato non è mai morto.

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Ripudiava la violenza, non usava pistole o coltelli. Ironia e uno smisurato senso civico, piuttosto, erano le sue armi più ficcanti. Peppino Impastato denunciava le vicende di “Mafiopoli” dai microfoni di Radio Aut, dove conduceva “Onda Pazza”, la trasmissione “satiro-schizo-politica” del venerdì sera che si apriva sulle note di “Facciamo finta che va tutto ben”, l’eloquente sigla firmata da Ombretta Colli.

I suoi seguitissimi j’accuse erano il grido di denuncia non solo contro il potere mafioso che condizionava la quotidianità di Cinisi, paesotto alle porte di Palermo, ma turbava anche il suo animo e lo inquietava nel profondo. E infatti l’unicità di Impastato nella storia dell’antimafia italiana è condensata certamente nel coraggio di urlare senza filtri il disprezzo verso quella “mafia di prossimità” misurata nei “cento passi” che separavano la sua casa da quella del boss Gaetano Badalamenti ma anche in quello di affrontare in viso suo padre, che gli portava direttamente la “mafia in casa”, insieme allo zio e gli altri mafiosi della famiglia.

Aveva trent’anni il 9 maggio del 1978, quando il suo corpo esplose, imbottito di tritolo sui binari della ferrovia. Mancavano pochi giorni dalle elezioni amministrative a cui si era candidato con la lista Democrazia proletaria per portare nel dibattito politico le istanze del diritto al lavoro dei disoccupati e quello a un ambiente non saccheggiato dalla speculazione.

A Castiglione d’Otranto, il 42esimo anniversario del suo assassinio si celebra con la manifestazione “Peppino Impastato, dalla parte giusta”.

A partire dalle 16 di sabato 9 e durante la mattina di domenica 10 maggio, una serie di appuntamenti in diretta, sulla pagina Facebook Casa delle Agriculture “Tullia e Gino”, ricorda la sua persona e il suo impegno. Approfondimenti tematici si alternano a dialoghi, videonarrazioni per bambini e all’arte di musica e teatro. Ospiti d’eccezione si collegano dal Nord al Sud del Paese: Giovanni Impastato, fratello di Peppino; Beppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale stampa italiana; don Raffaele Bruno del coordinamento provinciale di Libera Lecce; Giacomo Conte magistrato già componente del pool antimafia di Palermo negli anni ’80; e “Cisco” Stefano Bellotti, voce storica dei Modena City Ramblers che sul ritmo del tamburo interpreta in acustico il brano “I cento passi” e ne ripercorre la storia della sua composizione.

È un percorso, condiviso dall’associazione Casa delle Agriculture Tullia e Gino e dall’omonima cooperativa insieme alla parrocchia San Michele Arcangelo, alla Pro Loco Andrano e cooperativa sociale L’Adelfia, con il sostegno di Libera Lecce e della Federazione nazionale stampa italiana, che conduce a intitolare alla sua memoria le “aule sociali” del paesino.

Le aule sociali di Castiglione

Accanto al parco già dedicato a Renata Fonte, prima donna salentina vittima di mafia, esse sono “un luogo controverso, un non luogo: un auditorium mancato, un ufficio postale abortito, un luogo di ritrovo inadeguato risucchiato in un buco nero fatto di indifferenza e degrado” interessato in questi ultimi anni da un processo di riqualificazione perché possa diventare un “polo per la legalità e la giustizia sociale”. Da anni, la comunità castiglionese è coinvolta in un processo di riscatto dall’abbandono delle terre, dallo spopolamento dei centri periferici, dall’esclusione sociale. In questo solco, la commemorazione di Peppino Impastato si alimenta di una speranza propositiva verso il futuro. “Peppino Impastato non è mai morto” si ripetono gli organizzatori, le sue lotte per la giustizia e il rispetto dei diritti negati continuano a vivere nella concretezza di chi giorno dopo giorno continua a portare il testimone, si spende per il bene comune, specialmente nel Sud e nel Salento, soprattutto quando, spesso, “il vento soffia contrario”.

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