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Un parco comune, di ulivi, speranza e resistenza attiva

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È iniziato tutto in un altro momento storico: ai primi di febbraio. È sbocciata l’idea, seguita dall’immediato e festoso inizio dei lavori, che continuano, oggi, mentre tutto intorno tace. C’erano “solo” le paure e i timori per una terra che cambiava faccia, quando sono iniziate le attività nell’antico jazzo della Masseria Carignani, ubicato nel cuore della Terra d’Arneo, tra il villaggio Boncore e la Masseria Fattizze, a pochi passi dal mare di Torre Lapillo. Un fazzoletto di terra ricco di pietre e di epiche memorie, quelle delle lotte contadine del 1950 e della conseguente occupazione delle terre. Accade lì, in uno spazio dove muretti a secco abbracciano un uliveto secolare di circa 70 esemplari, frutto, probabilmente, di un’opera di innesto di olivastri dell’originaria foresta primigenia, che si combatte sì la Xylella e il disseccamento degli ulivi con opportune cure e buone pratiche, ma si è anche iniziata un’azione sperimentale di rigenerazione botanica, che farà di un fazzoletto di terra una sorta di parco a uso comune.
E, nel buio di un quotidiano improvviso quanto imponderabile legato alla diffusione del virus Covid-19 e alle restrizioni sociali adottate per limitarne il contagio, con lo sguardo rivolto al futuro, rafforza la sua valenza la “prova di resistenza attiva” intrapresa dal comitato Piantiamo gli alberi “Terra d’Arneo”, una sorta di rimboschimento dell’uliveto presente, destinato, in poco tempo, all’inesorabile totale disseccamento, se non si fosse intervenuti.
Dalla sensazione di impotenza, si è passati a una tenace azione e a una radicatissima speranza, affidata alle radici di circa 1000 nuove piantine, futuri alberi e cespugli che andranno a formare un’arca di biodiversità dove potranno convivere le classiche essenze boschive accanto ad arbusti e piante da frutto, principalmente quelle delle antiche varietà autoctone salentine idonee a essere coltivate in aridocoltura. In tutto andrà a formare un bosco-frutteto fruibile da tutti, un luogo dove passeggiare, curare le piante, raccogliere frutti, foglie, erbe spontanee.
Non ha fatto cambiare gli obiettivi finali l’avvento del Coronavirus, per quanto abbia stroncato sul nascere il ciclo di giornate di piantumazione allegra, sociale, creativa e partecipata, avviato per mettere festosamente a dimora le piante in sinuosi solchi, realizzati attraverso gli esemplari di ulivo, sottoposti a opportune cure. Quelli irrimediabilmente andati invece, saranno trasformati in sculture.
E così, la rinascita possibile di un fazzoletto di terra, diventa una sorta di prova generale alla auspicata piantumazione diffusa di nuovi alberi, per un’alternativa alla monocultura, peggio ancora se intensiva con iperconsumo di acqua, con l’uso e l’abuso di chimica e di pesticidi. E così, la futura rinascita di un fazzoletto di terra, oltre ad essere foriera di speranza agricola e ambientale, abbraccia, all’inizio di una primavera quanto mai buia e chiusa, la speranza di nuovi spazi di fioritura, sociale, umana e vitale.