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Taranto innominabile
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Come l’intera Taranto, che si muove solo “per rimanere alla fine sullo stesso posto, cioè a zero”. Tarantino, classe 1963, De Michele, autore cult del noir italiano, scrive un romanzo dove la finzione s’impregna tristemente di realtà, tra cartelli mafiosi, scuole intrise di gas radon e operai fedeli alla Fabbrica, finché morte non li separi. “Le cose innominabili”, quelle che vanno chiamate con un altro nome, tipo “malattia professionale”, e secondo la superstizione popolare, se non le nomini troppo, allora forse non esistono.
A destreggiarsi tra omicidi, lotte intestine, colleghi poeti e cattivi ricordi, c’è Emma Battaglia, donna informata dei fatti, tenace professoressa di liceo, confrontata a una visione geopolitica impietosa, rassegnata, che tanto Taranto questa è: “un’isola stretta di terra, bagnata da due mari: il piccolo mare del ‘chi m’a face fa’ e quello grande del ‘ce me ne futte a mme’”, e se qualcuno osa alzare la testa, poco più in là c’è “l’estremo limite delle terre ioniche, delimitato dal fiume ‘ce vué chianne?’”.
A contenere una realtà che “tumoreggia”, c’è una prosa poetica, che scorre veloce, una narrazione corale, quasi cinematografica, aperta, come una vera epopea, da un glorioso proemio “ventoso” che sfiora tutti i personaggi, non risparmiandone nessuno.
Girolamo De Michele
LE COSE INNOMINABILI
Pag. 333, euro 19
RIZZOLI