quiSalento in edicola e on-line

Riflessione, sostegno, innovazione: le parole chiave della ripresa

Intervista a Roberto Marti, presidente di Piccola Industria di Confindustria Lecce.

Roberto Marti, presidente Piccola Industria Confindustria Lecce
Tempo di lettura: 4 minuti
Esplorare mercati non ancora maturi, riformularsi e ripensarsi, continuare nel solco dell'innovazione, campo in cui la Puglia, tra le regioni del Sud, ha già dimostrato di saper eccellere. Intervista a Roberto Marti, presidente di Piccola Industria di Confindustria Lecce.

Quante sono attualmente le piccole e medie imprese sul territorio salentino e quali sono i settori che stanno subendo maggiormente il blocco forzato delle attività?

In provincia di Lecce, ci sono circa 64mila imprese, un terzo di commercio all’ingrosso e al dettaglio, 10mila nel settore della costruzione, 9mila imprese agricole e il resto manifatturiere e altri settori. Tra queste, 46mila sono ditte individuali, piccole imprese, spesso a conduzione familiare, mentre 10mila sono società di capitali. Da vari studi di Confindustria, il protrarsi di questa crisi sanitaria rischia di creare un imbuto e una possibile chiusura di circa il 60% delle imprese italiane, un dato che può ribaltarsi a carattere locale, soprattutto nella nostra provincia che ha tante imprese sottocapitalizzate, per le quali affrontare periodi di crisi è difficile. Sono aziende che hanno necessità di perpetuare l’attività commerciale per autofinanziarsi, mentre un periodo lungo di inattività potrebbe ledere alla loro capacità di una possibile ripresa.

Quali sono le richieste di Piccola Confinndustria al governo? I provvedimenti presi finora sono sufficienti a tamponare le perdite e a resistere in attesa di una pure parziale ripresa?

Le richieste di Piccola Confindustria, che raduna le imprese sotto i 50 dipendenti o sotto i due milioni di fatturato, sono innanzitutto una immissione di liquidità immediata. Poi gli interventi dovrebbero essere divisi in due fasi: la prima è di sostegno all’impresa immediatamente durante la chiusura dell’attività per permettere la sopravvivenza, con la sospensione dei pagamenti fiscali e tributari, per far slittare gli oneri in una fase successiva. Sicuramente, in seguito, a livello non solo regionale o nazionale, ma europeo, sarà necessario sostenere la riconversione, perché quella che verrà fuori dopo il virus sarà una mappatura economica completamente diversa.

Abbiamo scoperto di non essere autosufficienti nella produzione di dispositivi di protezione, di dispositivi medici, quindi chi coglierà l’opportunità da questo punto di vista, chi sarà in grado di riconvertire i cicli produttivi avrà delle ricadute positive. Purtroppo ogni settimana che passa compromette la capacità delle aziende di ricostruirsi e di riprogettarsi.

In che modo la regione può sostenere il tessuto dell’imprenditoria locale?

La regione non potendo intervenire immediatamente in fase di liquidità, può sostenere la fase di riconversione, sostegno all’impresa, ricerca e sviluppo, ricerca di nuovi campi di applicazione, indirizzare le imprese verso nuovi prodotti. Se il periodo di crisi, come già si pensa, non sarà brevissimo, sicuramente la regione giocherà un ruolo importante nel dirigere le aziende verso nuovi comparti e domini produttivi.

Ha dichiarato di recente che non bisogna cadere nell’assistenzialismo. Cosa significa?

Per sostenere il sistema non sono sufficienti cure palliative, riduzioni omeopatiche. Non saranno i piccoli sussidi alle partite iva, così come la cassa integrazione, che è comunque importante per conservare i posti di lavoro, a permettere il superamento della crisi. Serve una reale economia di guerra, una programmazione sistematica, perché la crisi è globale e sistemica.

Il ministro dell’economia francese ha invitato le superfici della grande distribuzione ad acquistare e proporre solo prodotti francesi per aiutare le imprese del posto. È necessario indirizzarsi verso un consumo principalmente interno delle risorse per salvare un’economia prettamente agricola?

Sostenere i consumi interni è estremamente importante. Anche le circostanze inducono a consumare locale. E, oltre al momento di crisi, questa non è solo una scelta di consapevolezza del consumatore ma dovrebbe essere anche un obiettivo sostenuto dalla politica, per aumentare i consumi interni, far circolare la moneta, incentivare tutta una serie di azioni che si ripercuotono sull’azienda. Consumare a km0, prediligere le aziende di vicinato, sostiene il mercato locale e i suoi lavoratori.

Nel settore della cultura e dello spettacolo, nonché in quello del turismo, si profila lo spettro di una stagione perduta, è possibile capitalizzare questo isolamento e metterlo a frutto?

Il turismo è al momento il settore che sta pagando di più lo scotto immediato, con le cancellazioni estere, l’interruzione dei trasporti, la riduzione degli spostamenti. Chi era attrezzato per una prima campagna legata alla Pasqua ha visto perduta la possibilità di avere ospiti e attivare il proprio esercizio. Chi ancora è proiettato all’estate non sta avendo immediatamente effetti negativi ma si paventa, qualora dovesse durare questo stato di chiusura e distanziamento sociale, probabilmente anche sull’estate un effetto negativo dovuto alla pandemia. È difficile capitalizzare questo isolamento, la Puglia vive molto delle presenze del turismo estero e probabilmente, almeno per questa stagione, non saremo in grado di colmare questo vuoto.

Quali insegnamenti trarre da questo periodo per le imprese del posto?

Gli insegnamenti sono tanti e vari. Probabilmente è consigliabile non concentrare tutta l’attività su settori maturi, ma avere coraggio di innovare. La Puglia è tra le regioni del Sud con maggiori capacità innovative nei settori del farmaceutico, il biomedicale, l’informatica, l’elettronica, ha una visione prospettica. Questo deve insegnarci questo periodo: percorrere mercati che diano più stabilità.

Dopo questo blocco, sarà necessario ripartire ma con nuovi presupposti e, probabilmente, prendere nuove direzioni. Dove, e come, deve dirigersi la piccola e media impresa salentina per rinascere?

Pensare alla ripartenza oggi è complicato. CI sono vari scenari, varie tempistiche, è veramente difficile stimare il momento in cui ci sentiremo liberi di partire, così come è difficile analizzare questo scenario dal punto di vista economico perché è legato a una condizione sanitaria. Quando ci sarà la ripresa, le aziende dovranno essere pronte a sfruttare l’aumento di consumi, riaccendere i motori. Non ci sarà un giorno, un momento netto della fine di questa condizione depressiva per l’inizio della fase espansiva, sarà un passaggio molto lento, un aumentare dei consumi e una maggiore fiducia da parte delle imprese, che seguiranno la domanda interna o la domanda estera. Prendiamo questo tempo per riflettere e farci trovare pronti.

 

Articoli correlati

Dallo stesso Autore