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Nelle lotte dell'Arneo

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Si viveva come pesci, guidati dall’istinto, perché cuore, testa, desiderio e volontà dei pezzenti sono annullati da un destino infame, deciso da pochi uomini, ricchi e potenti. Solo i sogni potevano cambiare la sorte dei contadini salentini che, alla metà del secolo scorso, si unirono per occupare le terre dell’Arneo promesse dallo Stato, ma mai concesse dai proprietari, “gente che viveva di capricci e fesserie, non come loro, braccati come bestie dalla fame”.

Manuela Antonucci, classe 1983, vegliese, ha scelto di narrare un pezzo di Storia e di umanità del Salento, nel suo luminoso esordio “Murene”. Un romanzo corale in cui i protagonisti entrano in scena con tutta la loro miseria, rabbia, violenza e follia. Esistenze già segnate, cui non è permesso sfidare i limiti perché poi ci pensa “lu carcaiulu”, lo spirito ma- ligno “che ruba il respiro al sonno dei giusti” o la stessa vita a punirli. Come Nino, maestro di “fòcare”, che voleva innalzarle sempre di più per “mandare Sant’Antonio fino a Dio”, ma soccomberà al cospetto di quella più alta mai costruita. Sua moglie, la Pietra, credeva di potersi affrancare dalla malora sciogliendo nell’acqua e nell’olio l’“affascino”, il malocchio.

Solo l’Anna, la loro figlia, sapeva che gli unici strumenti per salvarsi da quel mondo infame erano la politica, la poesia e i libri, “la lingua nazionale bisognava maneggiarla, per difendersi, per capire”, diceva. Sarà lei, con i compagni di partito a organizzare la rivolta all’Arneo, sostenuta dal marito, Tonino, pescatore di murene. Per la loro figlia scelsero un nome carico di buoni auspici, Liberata, “Liberata dalla mano del padrone, liberata da ogni male”. Il male non risparmia nessuno, neanche Pompilio, figlio di un criminale che l’unica cosa che gli ha insegnato è un “lessico intimidatorio” da usare per amare.

Fugge al Nord per salvarsi, ma quando tornerà nel Salento, da maresciallo dei carabinieri, dovrà fare i conti con una rabbia covata e mai risolta. Con una lingua fresca e contemporanea, e qualche parola di dialetto a puntellare la narrazione, Manuela Antonucci accompagna il lettore in un mondo non lontano nel tempo, dove, come scrisse Montale “la storia non si fa strada, si ostina”, la terra è maligna e il mare inabissa per sempre sogni e speranze.








MANUELA ANTONUCCI

MURENE

PP. 240, EURO 16 ITALO SVEVO







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