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Etnomusica: pillole di canto e musica popolare

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Raccoglie circa 500 incipit il “Dizionario dei temi Musicali della tradizione Salentina” (Amaltea Edizioni 2014), parte di un lavoro di ricerca in costante aggiornamento, del musicista e ricercatore Luigi Mengoli. Ricerca, iniziata nel 1978 e confluita poi nell’Archivio Etnografico e Musicale “Pietro Sassu” di Spongano che, nel marzo del 2019, ha ottenuto il riconoscimento da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, quale bene di “Interesse Storico particolarmente importante”.

Si svelano molti contenuti degli archivi con Etnomusica, pagina Facebook che, con cadenza pressoché quotidiana, dispensa brani della tradizione. Sono voci, cori, musiche che attestano la ricchezza e varietà della tradizione musicale salentina. Voci sicuramente poco conosciute, ma non per questo meno importanti. Per spiegare la scelta, e il senso dell’iniziativa, Luigi Mengoli, si dice “confortato” da quanto proprio l’etnomusicologo Pietro Sassu ebbe a dire, nel 2000, alla presentazione del disco “Allu tiempu de li lupini”, realizzato da Mengoli con i Cantori dei Menamenamò. “…Per capire il valore dei canti”, dice Sassu, “si è inventata la loro utilità, perché se non cantano non lavorano. Tutte storie, non è vero, non si canta perché… c'è una necessità operativa, per cui se uno non canta non lavora, sono stupidità, queste sono cose da bestie da soma. Si canta per una necessità interiore, comunicativa, perché io tolgo qualcosa da me, dal punto di vista di ciò che so fare, di ciò che so fare in modo disinteressato, che non serve a niente, cioè il meglio di me. lo do, quando faccio una cosa appunto apparentemente inutile, che vale soltanto perché è frutto della mia capacità di espressione, di suscitare anche un'emozione negli altri che mi metta in comunicazione su un terreno diverso rispetto al parlare quotidiano. Allora proprio per questo i canti conservano un valore in significato, come quelle parole più preziose di un'espressione poetica riuscita, che resiste nella tradizione più di quanto non resista il puro racconto in senso stretto…”.

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