Tra piazza e tv, una Notte di straordinaria ordinarietà
Va in archivio la 27esima edizione de La Notte della Taranta. Quella della diretta su Rai 3, della presentatrice sul palco, di Shablo, Angelina, Gaia, Geolier...
Comunque, alla fine, il "rito collettivo" si è compiuto. Per quanto sia espressione usata e abusata mediaticamente, osteggiata antropologicamente, di "rito collettivo" in qualche modo si tratta. Se è vero, com'è vero, che ogni anno, a fine agosto, migliaia, migliaia di persone il venerdì, e decine e decine di migliaia il sabato, vanno a sentire una nutrita orchestra di musicisti, e loro ospiti, su un imponente e spettacolare palco alzato al cospetto di un convento, in un piccolo paese del Salento. Un “rito collettivo” che, comunque, è anche spettacolo e show televisivo, vissuto e percepito in maniera diversa quindi, da chi partecipa e da chi lo guarda.
Di fatto, comunque, c'è stato. Niente di nuovo, sicuramente, "non è certo facile fare uno spettacolo sempre uguale, ma sempre diverso”, come ha dichiarato Sandro Cappelletto, consulente artistico della Fondazione Notte della Taranta chiamato, con in testa il presidente Massimo Bray, a dare una svolta alla Notte della Taranta, al Concertone-evento ma non solo. Se e quale sarà la svolta, si vedrà, intanto va in archivio la Taranta di Shablo, anzi di Shablo e Riccardo Zangirolami, pianista giovanissimo, il concertatore vero della 27esima Notte della Taranta.
E va in archivio così, come più di qualche altra edizione, con la tempesta di immagini sui social, con momenti singoli, dichiarazioni ed esternazioni di meraviglia dei protagonisti, con l’importante e strategica occasione di promozione del territorio... ma senza momenti memorabili, musicali soprattutto. Non è e non sarà certo facile lasciarne, in fin dei conti in 27 anni sul qual palco è accaduto di tutto e ne sono passati tanti, ma le aspettative ogni anno, in qualche modo ci sono e si leggono nelle dichiarazioni di intenti che, alla fine, per quanto prese per sincere, lasciano il tempo che trovano. Salvo rare eccezioni.
E va in archivio con i commenti sugli ospiti, con le cose riuscite e quelle meno, con qualcosina di nuovo e con il resto già visto, con i numeri, che siano dati di ascolto o presenze in piazza. In Una Notte, la 27esima, segnata dalla diretta Tv su Rai3, dalla novità della presenza sul palco della presentatrice televisiva, una discreta ed essenziale Ema Stokholma, con la piazza che balla, sempre, anche sulle note di “Klama” e in altri momenti più accorati. Ma anche questo, come i tamburelli perennemente sventolati sotto palco, fa parte del “rito collettivo”. Scandito, è da dire, da un alto contenuto di pizziche nella scaletta di un Concertone rivolto, come da intenzioni iniziali, ai ragazzi della “Generazione Taranta”, giovani e giovanissimi che comunque, a onor del vero, non sono mai mancati nella piazza di Melpignano.
Per loro la scelta degli ospiti: le divertite ed evidentemente preparate Angelina Mango e Gaia, alle prese, rispettivamente, con “Su Picculina” e “Mena Mena Mò”, prima di passare alle loro due hit, “La noia” e “Chega”, più o meno “contaminate”. Decisamente più impalpabili, se non proprio superflue, le fugaci “apparizioni” di Geolier, alle prese, in tuta acetata, con la sua “I pì me, tu p’ te”, acclamatissimo ma più interessato al pubblico che a quello che accadeva sul palco; e Ste, che ha osato usare la mitica “Tammurriata nera” come intro al suo brano, “Lose Control”, in uscita il giorno successivo. Fin qui gli ospiti, ai quali si deve aggiungere, per dovere di cronaca, la chitarra indubbiamente virtuosa di Luca Faraone.
Ospiti che, è inutile nasconderlo, sono il vero motivo della diretta, in questo caso, o comunque dello show televisivo accolto nel palinsesto di “mamma Rai”, che in qualche modo li sceglie. Nel quale è comunque spiccata la “narrazione” visual di Galattico, tra immagini, creazioni grafiche, disegni, frame di riti e rituali antichi e moderni inserti e giochi, comprese le prestigiose “cancellature” firmate Emilio Isgrò. E hanno avuto il loro effetto anche le coreografie (di Laccio), sempre più parte fondante dello spettacolo, almeno di quello televisivo, che hanno sostenuto e caratterizzato non poco le esibizioni danzerecce delle due ospiti.
Infine, ma non certo per importanza, l’Orchestra salentina, che il Concertone lo suona e lo canta, sempre, a prescindere da concertatori e scalette. Anche qui, in ottica “futuro della Fondazione e dell’evento”, il discorso si può aprire in mille rivoli, su voci, repertori, ruoli, nuovi innesti... il materiale, per fortuna, non manca di certo. E neanche le professionalità “autoctone”.
Difficile capire come e in che cosa possa cambiare la Notte della Taranta, se fare passi indietro, se intervenire nel dualismo festa di piazza - show televisivo; se investire nella formazione e nella ricerca; come procedere per la scelta del maestro concertatore, e quindi quella degli ospiti...etc etc.
Discorsi, anche questi, che emergono puntualmente, ogni volta che il “Larilollalleru” cala sulla piazza.